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La
Fontana Greco Romana, con le sue sculture di grande pregio e valore
artistico, rappresenta uno dei monumenti più antichi e più
importanti di Gallipoli e del Salento. Attualmente è situata nei
pressi del ponte secentesco, proprio dove finisce il corso Roma e
comincia la zona pedonale di piazza Aldo Moro. La sua costruzione
veniva originariamente attribuita agli antichi greci o romani del
III° secolo a.C., da cui ne deriva il nome.
Studi più recenti hanno
stabilito che la fontana fu costruita nel periodo rinascimentale ed
era situata nella zona delle antiche terme, oggi denominata
“Fontanelle”. Probabilmente a
causa dell’erosione dovuta alla
vicinanza con la costa, intorno alla metà del XVI° secolo, la
fontana fu smontata e collocata presso la chiesa di San Nicola
(attualmente inesistente), dove rimase fino al 1560 per essere
nuovamente smontata e ricostruita di fronte al Rivellino,
luogo dove attualmente è situata.
In origine la sua struttura era
composta soltanto dalla facciata che mostra le antiche sculture, che
oggi è rivolta verso scirocco.
Fu nel 1765 che il comune incaricò
la costruzione di una facciata opposta a quella esistente con
funzione di sostegno.
MITI
E LEGGENDE
La
facciata più antica è ricca di
ornamenti e sculture. In particolare si divide in tre riquadri con
rappresentazioni di scene mitologiche in basso rilievo, suddivisi da
quattro cariatidi, due
femminili e due maschili. Le cariatidi sono delle colonne scolpite
e decorate, utilizzate per decorare la fontana, e per sorreggere
l'architrave, lunga circa 5 metri, sulla quale sono scolpite scene
delle fatiche di Ercole.
Nei riquadri di pietra dura,
scolpiti
in basso rilievo, sono rappresentate le tre metamorfosi delle ninfe
Dirce, Salmace e Biblide, in fonti.
Le
sculture del riquadro sinistro
narrano la storia di Dirce, moglie del re Lico.
Antiope ebbe una
relazione clandestina col re Lico, dalla quale vennero alla luce due
gemelli,
Zeto e Antifone. Quando Dirce scoprì il tradimento, costrinse il re
Lico a ripudiare la sua amante che fu trattata come una
schiava.
Accecati
dalla vendetta e dalla
gelosia per le ingiustizie subite dalla madre, Zeto e Antifone
condannarono Dirce ad essere dilaniata da due tori inferociti
(nella scultura Dirce è rappresentata dalla figura femminile in basso).
Ma intervenne
Dionisio (raffigurato più in alto) che la trasformò in una fontana
di pietra.
Nel riquadro centrale
è rappresentata
la storia della ninfa Salmace che pazzamente innamorata di
Ermafrodito (figlio di Venere e Mercurio), si oppose al culto della
verginità imposto da Diana.
Salmace
pregò gli dei per essere unita
in un solo corpo col suo amato Ermafrodito. Nella scultura i loro
corpi sono raffigurati nella parte bassa, prima della metamorfosi.
Corpi nudi, distesi e incatenati da un laccio cinto da Venere,
raffigurata più in alto insieme a cupido che scocca la sua freccia.
I
bassorilievi del riquadro sinistro ci
raccontano della ninfa Biblide, figlia di Mileto, che s'innamorò
follemente del fratello Cauno. Naturalmente fu respinta, ma lei
inseguì a lungo quell'amore impossibile, fino a quando non prese
coscienza dell'errore. Biblide pianse così tanto che gli dei
s'impietosirono e la trasformarono in una fonte. Nella scultura la
ninfa è raffigurata nuda e distesa nella parte bassa, che stringe
nella mano il mantello del fratello Cauno che cerca di fuggire da
lei.
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